Lavoro in corso - la storia di Damiano

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L'inserimento lavorativo delle persone con disabilità è un diritto riconosciuto e tutelato, ma non sempre realizzato. Il concetto di lavoro si associa a quelli di produttività e utilitarismo, realizzazione di se stessi e dei propri desideri, soddisfacimento dei propri bisogni. Il lavoro è fonte di rapporti sociali, il modo più concreto per combattere la discriminazione culturale.

Nonostante il fatto che molte persone con disabilità siano in grado di lavorare però, ancora un numero significativo di loro non svolge alcuna attività. Molto è stato fatto, ma il percorso per l’inclusione è ancora in salita. In questa rubrica ci occuperemo di raccogliere le storie e le testimonianze di alcuni soci UILDM sul mondo del lavoro.

Damiano Zampieri, è Responsabile Finanziario in un’azienda e presidente della UILDM di Padova. La sua è una storia positiva, in cui formazione, competenze, professionalità e impegno sono stati premiati.

Quali sono le tue passioni?
«Appassionato di tutto un po’ (senza esagerare, equilibrando indolenza e dedizione, per così dire) sono sempre stato abbastanza “spugna”, nel senso che nulla o quasi mi passava vicino senza incuriosirmi almeno in parte: mi riconosco buone capacità di interdisciplinarietà cioè di collegare tra loro aree di studio diverse, cosa che mi fa apparire più colto (meglio, meno ignorante) di quanto io non sia in realtà».

La tua esperienza formativa?
«Ho fatto il Liceo Scientifico, scuola che rifarei senza dubbio alcuno perché mi ha dato apertura mentale e un qualche rigore logico insieme. Mi sono poi laureato in Economia aziendale alla Ca’ Foscari di Venezia specializzandomi, infine, in Finanza d’impresa con un mini-master alla Scuola di Formazione della Camera di Commercio di Vicenza».

Com’è stato il tuo percorso nel mondo del lavoro?
«Ho iniziato a lavorare nel 2000, a 27 anni, prima come impiegato (per qualche mese, da maggio a settembre) poi aprendo partita IVA e cercando in rete (nel 2000 il mondo era poco social e chi surfava bene sul web aveva già buone possibilità) possibili offerte d’attività nel mio ambito di competenze (da svolgere a distanza o, comunque, con autonoma organizzazione di tempi e logistica): dalla predisposizione di report finanziari su società europee quotate (da pubblicare su siti bancari a uso dei clienti), all’alfabetizzazione informatica formando militari di leva all’uso del pc dei browser e della posta elettronica, fino alle indagini (in incognito, entrando nei blog degli appassionati) sul gradimento delle nascenti prime banche online per conto di un gruppo di fondi d’investimento. Preferivo lavorare nottetempo, guadagnavo poco ma mi piaceva così continuare a seguire i miei interessi e tenermi comunque aggiornato. Pochi mesi e, da febbraio 2001, ebbi l’offerta di un amico per un lavoro impiegatizio in ambito amministrativo a termine con possibilità di trasformazione, se di reciproca soddisfazione, in assunzione a tempo indeterminato. Titubante, ho ricordato a me stesso che “a dire di no si fa sempre in tempo” e ho accettato: lavoro ancora in quell’azienda da oramai 17 anni (ne sono il responsabile finanziario da 10), con soddisfazione da molti punti di vista, cresciuto insieme all’azienda medesima».

Come organizzi le giornate?
«La mia autonomia anche logistica è stata presupposto per poter svolgere le mansioni che via via mi si sono proposte: ci ho sempre investito perché non volevo dare pretesti a nessuno per poter dire “non ce la può fare, chiediamo a un altro”. Oggi guido l’auto con un joystick, dalla carrozzina elettrica: mi è costata 3 anni di stipendio ma senza non avrei ciò che ho raggiunto, anche fuori dal lavoro.
Inizio alle 9 del mattino e raramente finisco prima delle 19; mangio in ufficio ciò che mia moglie Francesca mi prepara al mattino in un piccolo contenitore».

Cosa dovrebbe fare la società per essere davvero inclusiva? E come dovrebbero approcciarsi le persone con disabilità al mondo del lavoro? 
«Non ti valorizzano gli altri, devi farlo per primo tu; nessuno crede in te se fai la vittima, niente richieste di elemosine lavorative; se esponi prima i tuoi limiti che i tuoi pregi, non stupirti dei rifiuti o dei pietismi; se mostri la tua competenza e la tua intraprendenza (anche nel gestire la tua disabilità), contano meno i limiti fisici e quasi diventano un plus (se te la giochi con empatia e senza lagne).
L’aiuto dei colleghi (o delle signore delle pulizie la sera per uscire!) poi arriva, anche senza chiederlo esplicitamente: questa è stata la mia esperienza, fortunata molto fortunata…lo capisco. Ho sempre cercato di mettermi dalla parte dell’azienda, pensando a ciò che io potevo fare per essa più che a ciò che potevo ottenere: così facendo ho sempre avuto più di quanto avrei mai pensato di chiedere!».

Le tue considerazioni sulla legge 68?
«Le persone con disabilità dovrebbero chiedersi sempre quanto il lavoro possa dare dignità, anche al di là dello stipendio, mostrando consapevolezza del fatto che i diritti nascenti, ad esempio, da leggi sul collocamento mirato possono trovare migliore applicazione anche con la flessibilità che ciascuno decide di mettere in campo: non è questo di oggi il tempo della rigida e semplice pretesa di un diritto (che pure esiste), semmai è l’ora del mettersi in gioco con reciproca fiducia, aspettandosi che la conoscenza progressiva tra lavoratore e azienda possa rendere più facili, quasi naturali, scelte che sarebbero obbligatorie per norma. Chiaro che tutto parte dall’avere almeno la chance di potersi dimostrare all’altezza, di saper puntare su ciò che si ha per far quasi dimenticare quel che magari ci manca».

(v. b.)

Ritratto di admin

Margaret

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